Il figliol prodigo e la figlia unica

19/09/2015

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  1. julia_katina
     
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    Il giorno dopo Ikari si era presentato a scuola, riprendendo, almeno in apparenza, la vita di sempre. La Nerv - o per meglio dire gli addetti che per quella si occupavano delle questioni più prettamente burocratiche, di poco conto in confronto alle maggior responsabilità che derivavano dal ricoprire altri genere di incarichi, ben più prestigiosi e delicati - aveva sistemato tutto, come al solito. Un lusso, quello di scomparire spesso e volentieri, senza l'ombra d'obbligo di dover fornire fastidiose o difficili spiegazioni ai professori ed alla dirigenza scolastica, riservato ai Children.
    Non era raro, infatti, che capitassero impegni improvvisi. O incidenti.
    Asuka aveva trascorso tutta la mattinata ed oltre ignorando con sistematico impegno il compagno, accolto, nonostante quel suo esser taciturno e non così popolare, dagli altri con una gioia ed un chiasso che lei trovò irritanti. Non si era preoccupato di sentire quale scusa il First avesse imbastito per nascondere a tutti la verità - e la sua codardia - ma, invece, si era concertata bene per evitare un suo possibile - le stava appiccicato addosso come le mosche attirate dalle cose dolci - approccio: s'era dunque impegnata a capofitto nelle lezioni - inutili, come al solito - e nell'attività sportiva e di socializzazione.
    E manco aveva cercato la presenza di quell'altro, il nuovo arrivato - ma probabilmente, per spiegare tutte le pratiche necessarie, sarebbero occorsi un po' di giorni e prima di allora non avrebbe messo piede a scuola.
    Dopo i brillanti successi delle prime ore, però, l'umore di Asuka era andato man mano scemando.
    Aveva evitato Ayanami ed Ikari per l'intera giornata di lezioni, sì, ma poi, all'improvviso, con una strana tristezza addosso, inaspettata e sgradita, si ricordò che a casa li avrebbe rivisti - non quella lì, per fortuna, ma Ikari e l'altro pilota... e pure Misato. E lei non voleva, invece. Era ancora assolutamente in collera con loro, con tutti loro. Per ragioni differenti, ovvio.
    Ma, a meno che il signor Kaji fosse sbucato dal nulla - dove era andato a finire?! - e l'avesse - magari! - invitata a stare da lui, avrebbe dovuto far per forza ritorno nell'appartamento e, dunque, non avrebbe potuto sfuggire al proprio destino.
    Per quello, alla fine, quando la campanella era suonata, annunciando la libertà per tutti gli studenti dell'istituto, era fuggita via, di corsa, veloce come il vento e per poco non aveva travolto pure quello scemo di Kensuke Aida - sarebbe dovuto cadere, ecco: non aveva scordato che le aveva filmato le mutandine, al loro primo incontro - e s'era affrettata ad uscire salvo, alla fine, fermarsi con ari vagamente ansante vicino al cancello - ma non troppo: non voleva esser vista dagli altri, né venir scocciata. E, dopo aver poggiato la schiena contro il muro che delimitava il confine della scuola, estrasse dalla cartella di cuoio il cellulare: l'osservò per qualche - lungo - istante, e poi, con aria vagamente aggrottata, scrisse rapida un messaggio di testo.
    Poi lo inviò.
    In realtà non aveva voglia di uscire con quello stupido, ovvio. Ma, aveva pensato, se proprio non poteva evitare le cose brutte, tanto valeva che fosse lei e nessun altro a decidere dove, come e quando.
    Quindi aveva chiesto, ordinato, a Ikari di sbrigarsi ad uscire - quelle sue gambette lunghe e secche potevano andare più veloci! - perché aveva voglia di andare in giro, a comprare qualcosa per negozi.
    Sapeva che lui non le avrebbe detto di no.
    Non lo voleva e, comunque, mai avrebbe osato.
    Asuka, perciò, si sentiva come in una botte di ferro.
    Ripose il cellulare nella cartella, senza aspettare una risposta, certa che a momenti quello là sarebbe spuntato, in attesa di un suo ordine, implorante come un cagnolino.
     
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    Narrato...
    -Parlato...-


    Il Figliol Prodigo e la Figlia Unica
    Stage 1



    La notte passò tranquilla.
    Non mi sarei mai aspettato di trovare un nuovo pilota al mio ritorno; anche se a dire il vero, inizialmente, non avevo previsto neanche il mio ritorno.
    Ma non potevo farl altro che chiedermi: anche lui era stato condotto in quel luogo senza alcuna spiegazione? Senza alcuna domanda?
    Gli era stato detto di raggiungere la NERV, ma senza che nessuno gli avesse dato un perchè o un valido motivo?
    Sicuramente sarà stato così.
    Per quale motivo, papà, continuava a fare tutto questo?
    E fu con questa domanda che i miei occhi si chiusero definitivamente, lasciando che il caldo abbraccio delle tenebre mi stringesse a se, conducendomi così in quel mondo fatto di sogni e desideri che, solo nella notte, l'essere umano poteva afferrare, vivere.
    Felice.
    E fu solo la luce del mattino che, leggera, filtrava dalla piccola finestra della mia stanza, posta sopra al letto, comodo, per me, a far dischiudere le palpebre che, leggere, erano chiuse su i miei occhi.
    Ero tornato, davvero, alla fine.
    Di li a poco tutto sarebbe tornato alla normalità; già, poichè da quella mattin avrei fatto ritorno a scuola, fra tutte quelle persone, alcune sconosciute, facce alle quali mai affiderò un nome.
    Altre amiche, familiari.
    Eppure, anche fra esse, avrei potuto notare un'assenza, un ombra; e ancora una volta un brivido, freddo, terrificante, percorse la mia schiena.
    Koji.
    Chissà come stava. Forse sarei dovuto andare a trovarlo dopo scuola; chissà se avrebbe voluto vedermi?
    In fondo ero stato proprio io, o meglio l'Eva 01, a ridurlo in quello stato.
    Vedermi; se non fosse stato in coma, forse, avrebbe potuto decidere.
    Mi alzai dal letto, portando gli occhi sulla sveglia di fianco a me. Era ancora presto; ma non ci feci troppo caso, anzi, mi mossi come se fosse già l'orario giusto per prepararsi.
    Sarei andato a scuola un po' prima, da solo, di certo Asuka mi avrebbe preso a schiaffi se avessi provato a svegliarla, così da sistemare un paio di cose.
    Ma a quanto pare, lei, non era l'unica che ancora si avvolgeva nelle morbide coperte di quei letti; quella casa,nsolitamente così caotica e confusionaria, sempre piena di gente, in quel momento era silenziosa, piatta, come il mare, immobile, senza il vento a sospingerne le leggere onde.
    Mi preparai una rapida colazione, con quello che c'era in casa, qualche fetta di pane tostato e una tazza di thè; dopodichè corsi a prepararmi, lavandomi il viso, i denti, e infilandomi la divisa scolastica: una camcia bianca, a mezze maniche, e dei semplici pantaloni neri.
    Mi avviai, allora, verso la porta, fermandomi appena per mettermi le scarpe.
    Mi lasciai allora, da solo, la porta di casa alle spalle, mentre la mia mano destra stringeva, appena, la maniglia di quella cartella, marrone, di cuoio, che conteneva i libri che mi sarebbero serviti per la lezione.
    Camminai, lentamente, lungo le grigie strade di Neo-Tokyo 3, nonostante la luce del sole ad illuminarle, ai miei occhi, non sembravano altro che interminabili fiumi di squallore e dolore.
    Delicatamente la musica fuoriusciva dalle cuffie che avevo messo nelle orecchie, così che il mio lettore musicale potesse allietare quel piccolo viaggio che avevo intrapreso.
    Ancora una decina di minuti, prima di giungere a scuola.
    Il cancello era già aperto, così lo oltrepassai, insieme ad altri ragazzi e ragazze, mai visti, o visti di sfuggita, nei corridoio, o nella scuola.
    Facce alle quali, probabilmente, mai abbinerò un nome.
    Giunsi in classe, percorrendo i corridoii passo dopo passo, notando che qualcuno era già arrivato. Compagni di classe, si, dei quali ricordavo appena il nome.
    Nessuno dei miei amici era ancora giunto.
    Mi sedetti, allora, al banco, poggiando la cartella al lato del tavolo e mettendo sotto di esso il lettore musicale, spegnendolo, attendendo.
    No, in fondo non avevo niente da sistemare; la NERV aveva già sistemato tutto.
    Un pesante distorsione della caviglia, un mese di totale immobilità.
    Che stupida scusa.
    Fu allora, proprio mentre pensavo, che in classe entrò Hikari, la capo classe.
    La ragazza a cui piaceva Koji. Mi guardò appena, accennando un lieve sorriso, come un saluto. Era amaro, triste, ma non rivolto a me.
    Era per lui.
    Forse nessuno, nella scuola, sapeva cosa realmente era successo. Forse era solo per questo che mi salutava ancora.
    Poco dopo entrò anche Aida che, con più naturalezza si avvicinò a me, salutandomi e iniziando a conversare un po'.
    Forse mi avrebbe fatto bene.
    Guardai il cellulare, notando l'ora; a breve sarebbe arrivata anche Asuka; ma poco prima di lei, appena un paio di minuti, entrò nella classe Ayanami. Rei.
    Mi salutò, sedendosi al suo solito banco, per poi rivolgere il suo sguardo fuori dalla finestra, all'orizzonte.
    Per nessuno, più di lei, i giorni a scuola non erano altro che un passa tempo.
    Arrivò, alla fine, anche lei. La lezione cominciò, e la mattina si svolse nella più totale tranquillità, a parte per un piccolo particolare: Asuka sembrò evitare totalmente la mia presenza e, come al solito, quella di Rei.
    Mi sembrò quasi impossibile, ma per un momento pensai che se la fosse presa per il fatto che la mattina me ne fossi venuto a scuola da solo.
    Era oramai l'ora di tornare a casa; anche se quel giorno era il turno mio e di Aida di rimanere a sistemare la classe.
    Ma qualcosa avrebbe cambiato i piani di quella giornata; sentii il mio telefono cellulare squillare, perciò lo presi per dare un'occhiata.
    Era un messaggio. Da Asuka.
    Inizialmente rimasi perplesso, ma lo aprii, comunque, per leggerne il contenuto.
    Quasi non ci credevo.
    Voleva che l'accompagnassi a fare shopping? Io?
    Beh, di certo non avrei potuto mai considerare quella cosa come un appuntamento, o qualcosa del genere, probabilmente aveva solo bisogno di me per portarle le borse.
    Inoltre sapeva benissimo che non le avrei mai detto di 'no'.
    Mi voltai, allora, verso Kensuke, dicendo.
    -Scusami Aida, ma devo andare! Ti prometto che la prossima volta farò il turno anche per te!-
    Non potevo mettermi lì a discutere e a spiegare perciò, per una volta, feci di testa mia.
    Lasciai andare lo spazzolone, correndo fuori dalla classe, dimenticando la cartella lì.
    Ma non ci pensai minimamente.
    Uscii dalla scuola, guardandomi un po' intorno, vedendola appoggiata al muro, il confine della scuola, e quindi la raggiunsi, dicendo.
    -Scusami, ho dovuto lasciare tutto il lavoro ad Aida per uscire, ho fatto più in fretta che potevo...-
    Beh, di certo non ero il migliore degli oratori, e tantomeno un abile sportivo, infatti quella piccola corsetta mi aveva quasi fatto venire il fiatone.
    Ma, in quel momento, mi concentrai su di lei; in fondo era un po' di tempo che non rimanevamo da soli, come i primi tempi in cui si trasferì a casa della Signorina Misato.
    Le sorrisi, leggermente, dicendo.
    -Allora? Dov'è che vuoi andare?-

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    Nome » Shinji Ikari.
    Status Fisico » Ottimale.
    Status Mentale » Tranquillo.
    Status Unità Evangelion » Operativo [100%] - Inattivo.
    Riassunto Azioni » Si affretta a salutare i compagni, per recarsi da Asuka.

     
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  3. julia_katina
     
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    Lo guardò con fare indagatorio per un breve istante.
    Doveva aver corso - un vago senso di trionfo le inondò il petto, ma subito abbattuto da un senso simile alla repulsione per il suo precipitarsi - perché pareva affannato. Lo bollò, di nuovo, come un maschio inutile, incapace di esser forte o anche solo resistente. Doveva essere una mezza delusione per il padre, ecco perché il comandante Ikari preferiva Rei, che pure non era sangue del suo sangue.
    Stirò una gamba prima piegata, facendo aderire la suola della scarpa al marciapiede.
    CITAZIONE
    -Scusami, ho dovuto lasciare tutto il lavoro ad Aida per uscire, ho fatto più in fretta che potevo...-

    "Sì..." rispose con aria di sufficienza, senza nemmeno starlo a sentire davvero. Non le interessavano le sue cronache scolastiche.
    Sorrise, ma lei non ricambiò, lasciando la piega delle proprie labbra come era prima, perfettamente orizzontale, senza alcuna particolare inclinazione.
    CITAZIONE
    -Allora? Dov'è che vuoi andare?-

    "In giro" decretò sbrigativa.
    La verità è che nemmeno lei sapeva dove. Era stato un impulso, ecco, e dunque aveva deciso di assecondarlo, come spesso accadeva, perché non aveva paura di nulla, nemmeno di seguire la strada dell'Ignoto.
    "Vorrei comprare qualcosa" fece più decisa. "Ne ho bisogno".
    E, siccome quello taceva, fissandola, si convinse a slacciarsi un poco di più.
    "Ebbene, devo difendermi... no?" chiese, cercando la sua approvazione. Come se il proprio ragionamento segreto e contorto fosse invece il più chiaro ed ovvio dell'intero universo.
    Ma Shinji parve stupito, naturalmente.
    Doveva spiegargli proprio tutto, notò fra sé e sé Asuka, persino le cose più cristalline.
    "Ebbene... non siamo forse ora in compagnia di un altro pilota?" domandò. "Uno sconosciuto, in pratica" proseguì immediatamente, impedendo a Shinji di replicare. "Solo perché è stato selezionato da chissà chi non ho alcuna intenzione di correre dei rischi inutili... non sappiamo affatto che razza di persona sia!"
    Nulla escludeva che un pilota potesse essere anche un maniaco sessuale: Toji Suzuhara ne era l'esempio - quasi - vivente: anche lui aveva spiato insieme a quell'altro sotto la gonna, durante il primo incontro... e per quello era stato sonoramente schiaffeggiato. Solo che Suzuhara, alla fine dei conti, non era un tipo pericoloso - anzi... - e mai avrebbe avventato alla sua virtù... ma quello lì, quel - come cavolo si chiamava? - pilota nuovo? Non poteva saperlo, ecco. E non voleva esser violentata.
    Doveva pensarci da sola, alla protezione. Misato viveva su di un altro pianeta e Shinji... Beh - gli lanciò un'altra occhiata - lui non contava molto.
    "Non voglio che mi guardi" spiegò.
    O meglio: poteva farlo pure, ma con un certo rispetto, limitandosi a sognarla ed idolatrarla; guai a lui se per caso - Dio, che schifo! - si fosse toccato pensandola, oppure avesse allungato le mani.
    "Direi che ci sono parecchie cose che dobbiamo andare a prendere, dunque" decretò, usando il plurale perché ormai ikari faceva parte del piano d'azione. "Perciò muoviamoci, non ho voglia di far notte".
     
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    -Parlato...-


    Il Figliol Prodigo e la Figlia Unica
    Stage 2



    Rimasi immobile, allora, di fronte a lei, mentre ascoltavo le sue parole, la sua squillante voce, che tentava di rispondere alla mia domanda, per fugare ogni dubbio.
    Ma, a dire il vero, non riuscii a comprendere pienamente ciò che voleva dire.
    Disse che aveva bisogno di comprare qualcosa.
    Aveva bisogno di qualcosa per difendersi.
    Inarcai appena un sopracciglio, alle sue parole, non riuscendo davvero a capire a cosa si stesse riferendo e, a quanto pare, sembrò accorgersi che le sue intenzioni non mi erano chiare. Per niente.
    Lasciò, allora, che le sue parole provassero, ancora una volta, a spiegare i suoi pensieri, rivelando di più, qualcosa in più, di quello che stava pensando.
    Si trattava del nuovo Children. Il Seventh.
    Diceva che, in fondo, non era altro che uno sconosciuto, giunto nella casa della Signorina Misato perchè scelto dalla NERV, ma in fondo non sapevamo, ancora, praticamente niente di lui.
    Non voleva che la guardasse.
    Rimasi, ancora, immobile per alcuni secondi, a pensare a ciò che aveva detto.
    Non aveva realmente paura di lui, non sarebbe stato da lei; in ogni caso i miei pensieri vennero interrotti dalla sua voce che, ancora una volta, giungeva, leggera, al mio udito.
    Disse che dovevamo prendere molte cose, e che dovevamo muoverci. Non aveva voglia di fare tardi.
    Le sorrisi, allora, ancora una volta, pensando a cosa avrebbe mai voluto prendere per "difendersi" dal Seventh.
    Anche se a prima vista sembrava essere un ragazzo tranquillo, forse l'unico fra tutti noi.
    Seguii, allora, i suoi passi fuori dalla scuola, per le strade di quella città.
    Quelle strade così grigie, malsane, inquinate. Tristi e solitarie.
    Già, quella mattina mi erano apparse proprio in quel modo; eppure in quel momento sembravano così diverse.
    Che fosse stato il silenzio del mattino a renderle così squallide?
    No, non era quello il perchè.
    Mi voltai appena, verso Asuka, poichè stavo camminando al suo fianco.
    Era perchè c'era lei. Era perchè ero in sua compagnia.
    Eppure, era la prima volta che vedevo in modo diverso quel luogo.
    Da quando ero tornato non sembrava essere cambiato niente, o quasi; ed infatti niente era cambiato lì fuori.
    Ma i sentimenti, le emozioni, le sensazione, adesso, erano diverse.
    Nella mia mente, leggero, balenò il ricordo, il momento, in cui decisi che avrei protetto le persone a me care.
    Il momento in cui decisi che avrei pilotato quel maledetto Robot, ancora, per proteggerla.
    Chissà, probabilmente mi avrebbe mollato un sonoro schiaffo se le avessi spiegato tutto ciò, e la cosa mi fece sorridere, divertito.
    Mi rivolsi a lei, allora, dicendo.
    -Dimmi un po', Asuka, dov'è che vogliamo andare prima? E, soprattutto, cos'è che vorresti comprare per "difenderti" dal Seventh?-
    In un attimo, però, il mio sguardo divenne cupo; odiavo quando troppi pensieri si accalcavano nella mia mente.
    Io volevo proteggerla, eppure lei sembrava decisa a volerlo fare, da sola.
    Forse non mi riteneva capace di fare ciò?
    Come biasimarla? Ero sempre stato un codardo, ero sempre fuggito, di fronte a tutto, e tutti.
    Avevo sempre avuto paura. Paura di soffrire.
    Scossi, però, la testa, come a voler scacciare quei pensieri; in quel momento volevo godermi quel piccolo attimo di solitudine, della nostra solitudine.
    La stavo solo accompagnando a fare shopping, è vero, ma era molto tempo che non passavamo un po' di tempo insieme, da soli.
    Tentai di pensare positivo, magari per una volta mi sarei divertito ad ascoltare le sue offese e prese in giro, nei miei confronti.

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    Nome » Shinji Ikari.
    Status Fisico » Ottimale.
    Status Mentale » Tranquillo.
    Status Unità Evangelion » Operativo [100%] - Inattivo.
    Riassunto Azioni » Si appresta a seguire Asuka, curioso di vedere cosa ha intenzione di comprare.

     
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    CITAZIONE
    -Dimmi un po', Asuka, dov'è che vogliamo andare prima? E, soprattutto, cos'è che vorresti comprare per "difenderti" dal Seventh?-

    Non fu sicura di gradire la sfumatura della voce con cui pronunciò quella parola, difendersi.
    Quanto era stupido.
    E pure egoista, sì.
    Probabilmente a lui - come del resto a nessun altro: la regola prima del mondo era pensare a sé stessi, mai preoccuparsi degli altri! - non importava, perché del resto non c'era in gioco la sua di reputazione e verginità - dovette trattenere l'espressione che per un pelo non le si dipinse sulla faccia, a metà fra lo sdegnoso e lo schifato, pensando a quella di Ikari ed a chi un giorno, molto in forse, sarebbe per prima andata a letto con lui; magari un maschio... non pensava che quell'Aida fosse davvero interessato alle ragazze, in fondo.
    Comunque lasciò che pensasse cosa più gli piaceva. Non le interessava poi molto.
    "Sì, difendermi" ripeté, seria e come se stesse parlando di una cosa fin troppo assurdamente ovvia. "Nel caso provasse a fare qualcosa di sconsiderato o inopportuno... mi capisci, no?" fece, piegandosi appena in avanti, verso il compagna, con quello sguardo deciso che portava il marchio di fabbrica, unico ed inimitabile, di Asuka Sōryū Langley.
    Una volta tanto, sperò davvero che la capisse: non le andava per nulla l'idea di dover, in caso contrario, scendere in sordidi e raccapriccianti - che schifo, solo il pensiero le faceva venire da vomitare! - dettagli sui modi in cui un maschio poteva mettere a repentaglio la virtù di una ragazza.
    Drizzò la schiena, assumendo un'aria concentrata.
    "Non lo so" cominciò, mentre i passi andavano da soli, uno dietro l'altro, anche senza l'ausilio della coscienza. "Forse una mazza da baseball".
    Era brava, in tutti gli sport. Il proprio corpo possedeva una naturale propensione al movimento, ed era elastico. Se non fosse stata un pilota di Evangelion, chissà, sarebbe potuta diventare un'atleta - di cosa non lo sapeva bene, ma poco importava - professionista, a livello mondiale, e, a tempo perso, pure una grande scienziata. Avrebbe avuto la casa tappezzata di pergamene, e trofei e targhe e ridicoli premi in forma di statuette dorate. Tante da non sapere più dove infilarle.
    "Così" fece esaltata dai sogni di gloria di una vita parallela "se mai si avvicinasse con cattive intenzioni io potrei afferrarla di colpo, prendere la mira e.... SBAAAAAAM!!!"
    Mimò l'azione eroica, eccitata, brandendo fra le mani un'arma invisibile.
    Shinji non disse nulla, ma il suo sguardo risultò tanto insulso che Asuka non poté far a meno di scoppiare a ridere, divertita.
    "Oh, non fare quella faccia! Non ti mordo mica!" lo apostrofò a fatica, perché non le riusciva di respirare bene quando rideva a crepapelle.
     
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    Il Figliol Prodigo e la Figlia Unica
    Stage 3



    E fu quando le mie parole abbandonarono definitivamente l'etere, lontane, che la voce, leggera, di Asuka lasciò le sue labbra, giungendo così al mio udito.
    Mi sembrò di notare una lieve punta di disapprovazione in esse.
    Si impuntò, poi, piegando lievemente il busto in avanti, rivolgendo i suoi occhi azzurri, brillanti, come il cielo che sovrastava le nostre teste, verso di me.
    Per un'istante fu quasi come se ogni sua parola non esistesse, poichè il mio sguardo si bloccò sul suo, come a voler catturare ogni singola scintilla di luce, azzurra, che essi emettevano; e fu come immergersi nell'oceano più profondo, lasciandosi trasportare dalla sua delicata corrente, a tratti fredda, a tratti più calda.
    Tutte queste sensazioni, tutte queste emozioni, tutte nascoste in uno sguardo.
    Il mio uditò, però, fu costretto a ricordarmi che, però, stava parlando.
    Se non avessi seguito il suo discorso, probabilmente, mi avrebbe ucciso.
    Ribadì che doveva proteggersi, quel tipo avrebbe potuto anche compiere qualche azione stupida o sconsiderata.
    Certo, prevenire è sicuramente meglio che curare, ma forse Asuka, in quel momento, stava un po' esagerando.
    Ma non avrei mai potuto andarle contro.
    Sospirai, appena, socchiudendo per qualche istante gli occhi, prima che essi potessero notare il rapido e preciso gesto che fece con le mani, e con le braccia, come se stesse impugnando una mazza da baseball.
    Anzi, sembrava proprio intenzionata a comprarne una, così che, se il Seventh avrebbe tentanto di fare qualcosa di strano, avrebbe potuto utilizzarla per colpirlo.
    Violentemente.
    Rimasi in silenzio, a fissarla, per alcuni momenti; prima che scoppiasse a ridere.
    Se la stava ridendo di gusto, sembrava proprio divertita da se stessa.
    O forse da me?
    Non che fosse poi così rillevante; tutti avevano sempre riso di me. Ma in quel momento non era un problema, vederla ridere, così, divertita, come se non avesse alcun pensiero nella testa, come se non stesse facendo altro che mostrare la sua allegria, mi fece sentire sollevato.
    Sorrisi, anche io.
    Sorrisi vistosamente, a lei.
    La superai, allora, di un paio di passi, voltandomi, poi, dando le spalle alla direzione dove ci stavamo dirigendo, camminando all'indietro, dicendo.
    -Comunque non credo che avrai bisogno di una mazza da baseball per difenderti. Se dovesse tentare di fare qualcosa di strano c'è la Signorina Katsuragi e...-
    Mi bloccai, in un'istante; e il sereno sorriso che si trovava sul mio volto scomparve, mutando in un'espressione triste.
    Mi voltai, nuovamente, tornando a camminare nella direzione che stavamo seguendo.
    Avrei voluto terminare quella frase con un "... ci sono anche io".
    Ma non fu così.
    -... e sappiamo che Misato potrebbe fare a pugni anche con un uomo. Anzi, quella è più violenta di un uomo certe volte!-
    Dissi, tentando di distrarre la sua attenzione sulla pausa, forse troppo lunga, che era intercalata fra una parte della frase e l'altra.
    Addirittura il mio tono era cambiato.
    Ma forse non se ne sarebbe accorta, non era mai stata attenta a cose di questo genere.
    -In ogni caso, se non ricordo male da queste parti dovrebbe esserci un negozio sportivo, giusto Asuka?-
    Le domandai, guardandomi intorno, alla ricerca della vetrina che avrebbe confermato le mie parole.
    A meno che non mi fossi sbagliato.
    Lasciai, perciò, che i miei passi segussero quelli di lei, tornando ad affiancarla, togliendo così quei due passi di troppo che ci avevano prima diviso.

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    Nome » Shinji Ikari.
    Status Fisico » Ottimale.
    Status Mentale » Tranquillo.
    Status Unità Evangelion » Operativo [100%] - Inattivo.
    Riassunto Azioni » Si guarda intorno alla ricerca di un negozio sportivo.

     
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5 replies since 22/10/2013, 22:07   174 views
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