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julia_katina.
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Il giorno dopo Ikari si era presentato a scuola, riprendendo, almeno in apparenza, la vita di sempre. La Nerv - o per meglio dire gli addetti che per quella si occupavano delle questioni più prettamente burocratiche, di poco conto in confronto alle maggior responsabilità che derivavano dal ricoprire altri genere di incarichi, ben più prestigiosi e delicati - aveva sistemato tutto, come al solito. Un lusso, quello di scomparire spesso e volentieri, senza l'ombra d'obbligo di dover fornire fastidiose o difficili spiegazioni ai professori ed alla dirigenza scolastica, riservato ai Children.
Non era raro, infatti, che capitassero impegni improvvisi. O incidenti.
Asuka aveva trascorso tutta la mattinata ed oltre ignorando con sistematico impegno il compagno, accolto, nonostante quel suo esser taciturno e non così popolare, dagli altri con una gioia ed un chiasso che lei trovò irritanti. Non si era preoccupato di sentire quale scusa il First avesse imbastito per nascondere a tutti la verità - e la sua codardia - ma, invece, si era concertata bene per evitare un suo possibile - le stava appiccicato addosso come le mosche attirate dalle cose dolci - approccio: s'era dunque impegnata a capofitto nelle lezioni - inutili, come al solito - e nell'attività sportiva e di socializzazione.
E manco aveva cercato la presenza di quell'altro, il nuovo arrivato - ma probabilmente, per spiegare tutte le pratiche necessarie, sarebbero occorsi un po' di giorni e prima di allora non avrebbe messo piede a scuola.
Dopo i brillanti successi delle prime ore, però, l'umore di Asuka era andato man mano scemando.
Aveva evitato Ayanami ed Ikari per l'intera giornata di lezioni, sì, ma poi, all'improvviso, con una strana tristezza addosso, inaspettata e sgradita, si ricordò che a casa li avrebbe rivisti - non quella lì, per fortuna, ma Ikari e l'altro pilota... e pure Misato. E lei non voleva, invece. Era ancora assolutamente in collera con loro, con tutti loro. Per ragioni differenti, ovvio.
Ma, a meno che il signor Kaji fosse sbucato dal nulla - dove era andato a finire?! - e l'avesse - magari! - invitata a stare da lui, avrebbe dovuto far per forza ritorno nell'appartamento e, dunque, non avrebbe potuto sfuggire al proprio destino.
Per quello, alla fine, quando la campanella era suonata, annunciando la libertà per tutti gli studenti dell'istituto, era fuggita via, di corsa, veloce come il vento e per poco non aveva travolto pure quello scemo di Kensuke Aida - sarebbe dovuto cadere, ecco: non aveva scordato che le aveva filmato le mutandine, al loro primo incontro - e s'era affrettata ad uscire salvo, alla fine, fermarsi con ari vagamente ansante vicino al cancello - ma non troppo: non voleva esser vista dagli altri, né venir scocciata. E, dopo aver poggiato la schiena contro il muro che delimitava il confine della scuola, estrasse dalla cartella di cuoio il cellulare: l'osservò per qualche - lungo - istante, e poi, con aria vagamente aggrottata, scrisse rapida un messaggio di testo.
Poi lo inviò.
In realtà non aveva voglia di uscire con quello stupido, ovvio. Ma, aveva pensato, se proprio non poteva evitare le cose brutte, tanto valeva che fosse lei e nessun altro a decidere dove, come e quando.
Quindi aveva chiesto, ordinato, a Ikari di sbrigarsi ad uscire - quelle sue gambette lunghe e secche potevano andare più veloci! - perché aveva voglia di andare in giro, a comprare qualcosa per negozi.
Sapeva che lui non le avrebbe detto di no.
Non lo voleva e, comunque, mai avrebbe osato.
Asuka, perciò, si sentiva come in una botte di ferro.
Ripose il cellulare nella cartella, senza aspettare una risposta, certa che a momenti quello là sarebbe spuntato, in attesa di un suo ordine, implorante come un cagnolino.. -
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julia_katina.
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Lo guardò con fare indagatorio per un breve istante.
Doveva aver corso - un vago senso di trionfo le inondò il petto, ma subito abbattuto da un senso simile alla repulsione per il suo precipitarsi - perché pareva affannato. Lo bollò, di nuovo, come un maschio inutile, incapace di esser forte o anche solo resistente. Doveva essere una mezza delusione per il padre, ecco perché il comandante Ikari preferiva Rei, che pure non era sangue del suo sangue.
Stirò una gamba prima piegata, facendo aderire la suola della scarpa al marciapiede.CITAZIONE-Scusami, ho dovuto lasciare tutto il lavoro ad Aida per uscire, ho fatto più in fretta che potevo...-
"Sì..." rispose con aria di sufficienza, senza nemmeno starlo a sentire davvero. Non le interessavano le sue cronache scolastiche.
Sorrise, ma lei non ricambiò, lasciando la piega delle proprie labbra come era prima, perfettamente orizzontale, senza alcuna particolare inclinazione.CITAZIONE-Allora? Dov'è che vuoi andare?-
"In giro" decretò sbrigativa.
La verità è che nemmeno lei sapeva dove. Era stato un impulso, ecco, e dunque aveva deciso di assecondarlo, come spesso accadeva, perché non aveva paura di nulla, nemmeno di seguire la strada dell'Ignoto.
"Vorrei comprare qualcosa" fece più decisa. "Ne ho bisogno".
E, siccome quello taceva, fissandola, si convinse a slacciarsi un poco di più.
"Ebbene, devo difendermi... no?" chiese, cercando la sua approvazione. Come se il proprio ragionamento segreto e contorto fosse invece il più chiaro ed ovvio dell'intero universo.
Ma Shinji parve stupito, naturalmente.
Doveva spiegargli proprio tutto, notò fra sé e sé Asuka, persino le cose più cristalline.
"Ebbene... non siamo forse ora in compagnia di un altro pilota?" domandò. "Uno sconosciuto, in pratica" proseguì immediatamente, impedendo a Shinji di replicare. "Solo perché è stato selezionato da chissà chi non ho alcuna intenzione di correre dei rischi inutili... non sappiamo affatto che razza di persona sia!"
Nulla escludeva che un pilota potesse essere anche un maniaco sessuale: Toji Suzuhara ne era l'esempio - quasi - vivente: anche lui aveva spiato insieme a quell'altro sotto la gonna, durante il primo incontro... e per quello era stato sonoramente schiaffeggiato. Solo che Suzuhara, alla fine dei conti, non era un tipo pericoloso - anzi... - e mai avrebbe avventato alla sua virtù... ma quello lì, quel - come cavolo si chiamava? - pilota nuovo? Non poteva saperlo, ecco. E non voleva esser violentata.
Doveva pensarci da sola, alla protezione. Misato viveva su di un altro pianeta e Shinji... Beh - gli lanciò un'altra occhiata - lui non contava molto.
"Non voglio che mi guardi" spiegò.
O meglio: poteva farlo pure, ma con un certo rispetto, limitandosi a sognarla ed idolatrarla; guai a lui se per caso - Dio, che schifo! - si fosse toccato pensandola, oppure avesse allungato le mani.
"Direi che ci sono parecchie cose che dobbiamo andare a prendere, dunque" decretò, usando il plurale perché ormai ikari faceva parte del piano d'azione. "Perciò muoviamoci, non ho voglia di far notte".. -
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julia_katina.
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CITAZIONE-Dimmi un po', Asuka, dov'è che vogliamo andare prima? E, soprattutto, cos'è che vorresti comprare per "difenderti" dal Seventh?-
Non fu sicura di gradire la sfumatura della voce con cui pronunciò quella parola, difendersi.
Quanto era stupido.
E pure egoista, sì.
Probabilmente a lui - come del resto a nessun altro: la regola prima del mondo era pensare a sé stessi, mai preoccuparsi degli altri! - non importava, perché del resto non c'era in gioco la sua di reputazione e verginità - dovette trattenere l'espressione che per un pelo non le si dipinse sulla faccia, a metà fra lo sdegnoso e lo schifato, pensando a quella di Ikari ed a chi un giorno, molto in forse, sarebbe per prima andata a letto con lui; magari un maschio... non pensava che quell'Aida fosse davvero interessato alle ragazze, in fondo.
Comunque lasciò che pensasse cosa più gli piaceva. Non le interessava poi molto.
"Sì, difendermi" ripeté, seria e come se stesse parlando di una cosa fin troppo assurdamente ovvia. "Nel caso provasse a fare qualcosa di sconsiderato o inopportuno... mi capisci, no?" fece, piegandosi appena in avanti, verso il compagna, con quello sguardo deciso che portava il marchio di fabbrica, unico ed inimitabile, di Asuka Sōryū Langley.
Una volta tanto, sperò davvero che la capisse: non le andava per nulla l'idea di dover, in caso contrario, scendere in sordidi e raccapriccianti - che schifo, solo il pensiero le faceva venire da vomitare! - dettagli sui modi in cui un maschio poteva mettere a repentaglio la virtù di una ragazza.
Drizzò la schiena, assumendo un'aria concentrata.
"Non lo so" cominciò, mentre i passi andavano da soli, uno dietro l'altro, anche senza l'ausilio della coscienza. "Forse una mazza da baseball".
Era brava, in tutti gli sport. Il proprio corpo possedeva una naturale propensione al movimento, ed era elastico. Se non fosse stata un pilota di Evangelion, chissà, sarebbe potuta diventare un'atleta - di cosa non lo sapeva bene, ma poco importava - professionista, a livello mondiale, e, a tempo perso, pure una grande scienziata. Avrebbe avuto la casa tappezzata di pergamene, e trofei e targhe e ridicoli premi in forma di statuette dorate. Tante da non sapere più dove infilarle.
"Così" fece esaltata dai sogni di gloria di una vita parallela "se mai si avvicinasse con cattive intenzioni io potrei afferrarla di colpo, prendere la mira e.... SBAAAAAAM!!!"
Mimò l'azione eroica, eccitata, brandendo fra le mani un'arma invisibile.
Shinji non disse nulla, ma il suo sguardo risultò tanto insulso che Asuka non poté far a meno di scoppiare a ridere, divertita.
"Oh, non fare quella faccia! Non ti mordo mica!" lo apostrofò a fatica, perché non le riusciva di respirare bene quando rideva a crepapelle.. -
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